I lavori
proposti sono accompagnati da delle considerazioni,
soprattutto inerenti alla macroeconomia ed alla politica economica
che ne hanno nutrito il processo di realizzazione.
Il titolo del blog richiama il fenomeno del glitch, guardando alla spiegazione fornita da wikipedia, “il termine glitch è usato in elettrotecnica per indicare un picco breve ed improvviso (non periodico) in una forma d'onda, causato da un errore non prevedibile. Per estensione è usato per indicare un breve difetto del sistema in vari campi di applicazione dell'elettronica.”
Per restare nell'ambito visuale,
un glitch può manifestarsi mentre stiamo guardando un
contenuto video in streaming, mentre guardiamo la televisione (con il
passaggio dalla televisione analogica alla televisione digitale), nel
corso di una partita con un videogame quando un involontario errore di
programmazione può portare ad un effetto originariamente non voluto.
La manifestazione di un glitch può lasciarci del tutto indifferenti così come essere percepita.
Da una
certa prospettiva, un glitch si può
percepire come una dimensione del tempo trattenuta, un frammento
staccato dal continuum, una possibilità di cogliere il senso della
struttura.
Uscendo dalla sfera elettrotecnica o della fruizione dei mezzi tecnologici, lo stesso richiamo ad una dimensione di improvviso spiazzamento è percepibile in molti momenti nel corso della giornata di ogni persona, nella fattispecie può risultare particolarmente evidente in una discussione costruttiva che ha ad oggetto la comprensione del rapporto tra le nostre vite e le decisioni che afferiscono alla politica economica.
Mi
riferisco alle decisioni di politica economica perché sono quelle
decisioni che nella sostanza creano le condizioni per la
realizzazione delle speranze delle persone.
Alcuni
esempi, confrontandosi con un imprenditore circa la vitale
mancanza di credito da parte delle banche, con un giovane lavoratore
alle prese con le peculiarità della precarizzazione della sua
condizione lavorativa, in queste situazioni, ma anche in molte altre,
per quanto costruttiva possa essere la discussione, ad un certo
punto, si palesa un glitch e nonostante questo, il
ragionamento confluisce sempre in una meta narrazione dai contorni
non ben definiti che viene, da una parte confusa con qualcosa di
rassicurante e dall'altra rende imbelle ogni tentativo di
identificare e mettere in discussione il meccanismo di bombardamento fatto di slogan edificanti e mantra ideologici finalizzato al condizionamento dei cervelli.
Questo
perché la teoria macroeconomica dominante, o altrimenti detta
“manistream” o “pensiero unico” e la sua incidenza nelle
decisioni di politica economica, permea la comunicazione politica,
si fa senso comune senza essere sottoposta ad attente verifiche o
messa in discussione.
Di fatto
siamo fondamentalmente indifferenti rispetto alla necessità di cogliere l'orizzonte di senso del
paradigma macroeconomico dominante e quindi incapaci di sviluppare vero
spirito critico costruttivo tale da individuare e valorizzare le proposte alternative, chiare, equilibrate e
fattibili concepite da teorie economiche fondate su un paradigma diverso da quello "mainstream"; da ciò discende l'impossibilità di fare massa critica e
di dar corpo a proposte realmente improntate all'interesse pubblico.
Quando si addita la classe politica come inadeguate, non si guarda al fatto che esistono più modelli economici i quali sono spesso dissonanti gli uni con gli altri e che ciò ha degli effetti non solo sul piano astratto ma anche sulle decisioni di politica economica.